Dopo il fortunatissimo intermezzo de Se ti abbraccio non aver paura, Fulvio Ervas torna al suo amato commissario Stucky, della Questura di Treviso. L’avvio della lettura è direttamente in compagnia del morto, con un’anticipazione di ciò che dovrà accadere nel corso della storia e con l’entrata in scena del comandante Latinski. Stucky lo incontrerà in Croazia durante una vacanza sull’Adriatico, in un campeggio di naturisti. E lo sbirro è tale anche quando vorrebbe concedersi un meritato riposo estivo: così Stucky comincerà ad indagare, in parallelo con il collega della polizia croata, e vedrà anche un’altra vittima, fino all’epilogo in una piccola isola della Dalmazia. Come sempre, le vicende del commissario trevigiano sono alternate alla voce narrante del protagonista negativo, un pescatore chioggiotto di fede dannunziana, che in questo caso, però, pur essendo a capo di un’impresa dichiaratamente criminale, apparire quasi simpatico. Il marcio, infatti, si nasconderà anche altrove e Stucky, pure vittorioso, ne uscirà un po’ malconcio, ma con una inattesa e fascinosa conquista.

La trama è semplice e accattivante. E poi, come succede in tutti i romanzi di Ervas, ci sono sempre un bel po’ di temi sociali sullo sfondo, dalla crisi economica alla corruzione. La parte migliore del libro, tuttavia, viene prima, ossia subito dopo l’anticipazione che apre il volume e fino a p. 82. Perché Ervas non vuole perdere l’occasione di presentare Stucky nel suo ambiente, quello che nell’ultima avventura è destinato a restare un po’ da parte. Compaiono Sandra e Veronica, le sorelle di vicolo Dotti, estroverse ed irriducibili vicine di casa del nostro eroe; c’è la compagna, Elena, con il suo eccentrico figlio, Michelangelo; fanno capolino pure Spreafico e Landrulli, i due scalcagnati agenti della Questura; non manca il saggio e pacato Cyrus, lo zio iraniano che vende tappeti in centro a Treviso; e infine c’è anche il cane Argo, detto il salsiccio, che d’ora in poi diventa inseparabile scudiero di Stucky e primo interlocutore della sua frequente “Antimama!”, l’esclamazione con cui il commissario cerca di esorcizzare tutto ciò che gli accade. Le ho lette tutte, finora, le Stucky’s Tales, sin da Commesse di Treviso. È il mondo di Stucky: che in ogni episodio non tradisce, che suscita sorrisi e complicità, che produce un certo senso di identificazione; con la personalità, e l’umanità, di questo strano poliziotto, ma anche con i tanti spunti di leggerezza, gusto, amore e natura con cui l’Autore vuole pervicacemente adescarci.

Recensioni (di Mario Baudino e di Sara Salin)

Una breve intervista all’Autore

Scrittori per un anno: Fulvio Ervas (da letteratura.rai.it)

Fulvio Ervas e il Commissario Stucky (da reteuno.rsi.ch)

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Il fascino di questa baleneide è grandissimo. Dopo una tigreide altrettanto avvincente, Einaudi rende disponibile al pubblico italiano un ulteriore e ottimo pezzo di non-fiction su uno degli animali più misteriosi e affascinanti del mondo. Nel testo, certo, la presenza di Melville è ingombrante. Ma si tratta di uno spontaneo e mitico riferimento obbligato, che Hoare sa dipanare abilmente come filo rosso di innumerevoli e interessantissime divagazioni: letterarie, storiche, antropologiche, economiche, naturalistiche… Da Nantucket alle Azzorre, da Cape Code all’Australia, si viene condotti, a colpi di pinna, sui ponti delle navi baleniere, tra le pagine di Hawthorne e Thoreau, nelle profondità degli oceani, lungo le viuzze dei piccoli grandi porti del New England e dello Yorkshire, all’interno delle misteriose e bizzarre stanze di collezioni e musei più o meno famosi. La suggestione è totale, tanto che la lettura – specialmente se compiuta tra gli scogli, in una breve ma intensa pausa agostana – non può che suscitare un’impressione simile a quella provata dall’Autore al suo primo contatto con il mammifero gigante: ”La balena mi ha respirato addosso: è come un battesimo” (p. 30).

Questo bel libro è adatto, in primo luogo, a tutti coloro che siano attratti dalla curiosità di sapere quali e quante risorse potevano essere estratte dal corpo di una balena: bastano poche pagine per capire perché i cetacei sono stati per lungo tempo il grande motore delle esplorazioni e dei commerci più redditizi e arditi. Ma le sorprese per il lettore comune sono molteplici: le balene non sono tutte uguali, sono capaci di performances estreme, possiedono un complessissimo sistema di comunicazione e di caccia, sono assai longeve, tendono a dare un forte significato ai legami familiari e di gruppo. Soprattutto, poi, hanno sempre esercitato, per l’uomo, un’irresistibile forza magnetica e un efficacissimo fattore di circolazione di tecnologie e di idee, veri dispositivi euristici ed efficienti agenti globalizzanti prima che la globalizzazione venisse teorizzata; ovvero, e meglio, prove tangibili e vaganti di un’umanità universale che sempre è esistita e che oggi, davvero, non può più trovarci indifferenti. Ecco, dunque, perché occorre prendersi cura di questi giganti compagni di viaggio: essi sono i custodi di un patrimonio che ci riguarda molto da vicino.

Recensioni (di Fulvio Ervas, Luigi Mascheroni, Alberto Manguel, Nathaniel Philbrick, Rachel Cooke, Doug Johnstone, Jonathan Mirsky)

Il blog dell’Autore

Riascoltare (in formato audiolibro) e rivedere (nel kolossal di John Huston) Moby Dick

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