I tell you folks / It’s harder than it looks (AC/DC)

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Giordano Bruno (da doppiozero.com)

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Marco Buratti, detto l’Alligatore, è un ex galeotto e un investigatore senza licenza, ed è alla fonda in quel di Cagliari. Sta scappando dal ricordo dell’ultima tragedia cui gli è capitato di assistere, la morte della compagna di Beniamino Rossini, spietato gangster gentiluomo e alleato di tante avventure e di altrettante faide criminali. È tempo, però, per un nuovo incarico, davvero insolito: scoprire quale sia stata la fine di Guido Di Lello, un ricercatore universitario che si era invaghito della ricchissima Oriana Pozzi Vitali, diventandone l’amante segreto. Le ricerche riportano Buratti nella sua Padova, assistito dal “collega” Max La Memoria, e presto il quadro si manifesta nel suo colore più sinistro: il mistero Di Lello è opera di Giacomo Pellegrini, il “re di cuori”, lo spietato assassino che ora si è apparentemente ripulito come riverito proprietario di un rinomato ristorante e che, tuttavia, non ha rinunciato ad esercitare le sue doti più diaboliche. Buratti contro Pellegrini, dunque: i due si fronteggiano a viso aperto, fino ad una conclusione che non ha nulla di realmente definitivo e che promette nuove puntate.

Nell’ampia produzione di Carlotto, i due personaggi per eccellenza sono Marco Buratti e Giorgio Pellegrini: il primo è diventato famoso con La verità dell’Alligatore; il secondo ha gelato gli animi di moltissimi lettori, non solo italiani, dapprima in Arrivederci amore, ciao (noir affilatissimo che si è guadagnato anche gli onori del grande schermo), poi in Alla fine di un giorno noioso. Ora tornano entrambi alla ribalta, in un romanzo, però, che, diversamente dai precedenti, non ha nulla di particolare o di avvincente. Forse non si tratta neanche di un romanzo; anzi, sembra decisamente lo studio per qualcosa che l’Autore non ha ancora pensato e che sta meditando di riproporre al suo pubblico dopo tanto tempo. La banda degli amanti, infatti, non è altro che un esercizio, per riprendere confidenza con i campioni e con i luoghi preferiti, che ci vengono ripresentati in tutti i loro consueti caratteri, come se provenissero da un fumetto di successo, accantonato per un po’ di tempo e pronto a nuove “strisce”. L’Alligatore e Pellegrini, così, sono quasi prevedibili: oggi assomigliano di più a ciò che i loro tanti ammiratori si aspettano anziché agli originali. Ma non c’è dubbio che la combinazione può reggere, anche perché si sostiene nella contrapposizione romantica tra l’eroe, il fuorilegge condannato ingustamente e dotato di un cuore (un po’ l’alter ego dell’Autore), e l’antierore, il malvagio privo di onore (e il connivente di tutte le nostre paure e fragilità, e dei tanti mali da cui è fiaccato il tessuto sociale). C’è solo da attendere il prossimo libro, allora, come se fosse il primo episodio della serie tv che un trailer ammiccante ci fa tanto desiderare; e c’è anche da sperare che, risciacquando i panni in Bacchiglione, lo stesso Carlotto ritrovi piena confidenza con la verve che da fuggiasco lo aveva trasformato in ottimo scrittore.

Carlotto racconta il ritorno dell’Alligatore

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Addio Sebastiano Vassalli, il narratore delle Alpi (da lastampa.it)

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