Dopo la prima puntata sul lavoro, l’autorevole costituzionalista prosegue nell’illustrazione di ciò che sta alla base della nostra Costituzione. È la volta, quindi, della cultura, che qui viene affrontata in modo molto diverso da quello con cui la si considera usualmente nell’ambito degli studi giuridici. Zagrebelsky, cioè, non ce ne parla come del doveroso oggetto di una politica pubblica di tutela e di promozione (in base a quanto previsto dall’art. 9 Cost.); preferisce, per così dire, prenderla per le corna e, dunque, enfatizzarne l’indispensabile funzione sociale, già intrinsecamente costitutiva di ogni ordinamento, al pari dell’economia e della politica. Questa è la ragione per cui l’arte e la scienza devono essere libere e libero dev’essere il loro insegnamento (art. 33 Cost.): in caso contrario, la cultura, da fattore di potenziale emancipazione, può dimostrarsi veicolo di estrema oppressione o di strisciante e quasi spontaneo asservimento. Il ruolo degli intellettuali, così, è decisivo. Il fatto che si possano ridurre solo a consulenti o a consiglieri o a specialisti comporta il rischio che la cultura si faccia servizio, strumento efficiente di conformismi o di posizioni prevalentemente conservatrici. Zagrebelsky passa, di qui, ad un vero elogio delle idee, della loro varia tipologia e delle relazioni reciproche che, in una specie di scala, consentono loro di essere potenti elementi di trasformazione – progettazione – della realtà. Ma ciò accade solo se lo sguardo della cultura e alla cultura è disinteressato e svincolato. L’approccio che i moderni hanno delle idee, infatti, non mira ad una risoluzione o ad una lettura esatta delle cose: i moderni pongono anche i problemi, e sono questi che stimolano la politica e garantiscono, in una conoscenza il più possibile aperta e “non governata”, che la democrazia rimanga tale e per l’interesse generale. 

Le sollecitazioni che si possono trarre da questo piccolo libro sono molteplici e, per un giurista, molto accattivanti, dal momento che risvegliano l’interesse per altre letture più tecniche e ugualmente significative (e con ciò il rinvio corre automatico al classico contributo di Enrico Spagna Musso o ai noti studi di Peter Häberle). I ragionamenti di Zagrebelsky, tuttavia, consentono anche di formulare qualche osservazione su di un dibattito molto attuale. In una contingenza storica nella quale tanto si discute di riforme istituzionali, non è mancata la proposta di sostituire il Senato della Repubblica con una camera della cultura. Anche le reazioni critiche non sono mancate, e i motivi, in effetti, possono essere molti. Non è detto, innanzitutto, che un possibile vuoto debba essere sostituito inevitabilmente: non è detto, cioè, che il sistema debba restare bicamerale. Nel merito, poi, con una camera della cultura si prefigurerebbe un modello di rappresentanza corporativa che anche in Assemblea costituente, pur se autorevolmente sostenuto, non aveva riscosso grandi successi. Infine, esiste già al di fuori dei nostri confini un esempio simile, vivente ed operante, certo, ma di rado additato a riferimento universale, quello del Senato irlandese, che, anche in considerazione della sua composizione quasi-accademica, ha funzioni consultive scarsamente incisive sul piano politico. La lettura del saggio di Zagrebelsky, però, induce a considerare anche un altro e fondamentale profilo: la rilevanza della cultura non si misura soltanto con riguardo all’esistenza di una sede rappresentativa ad hoc. Anzi, la forza delle idee si dispiega proprio quando proviene da una condizione di presupposta libertà del pensiero, che non tollera corsie preferenziali e che riesce a vivificare tutta la comunità e, con essa, tutto l’ordinamento abbracciandoli in ogni loro singola manifestazione. La Repubblica, pertanto, è davvero fondata sulla cultura in quanto gli intellettuali siano liberi anche, se non soprattutto, al di fuori delle istituzioni.

Recensioni (di Simonetta Fiori, di Silvana Calcagno, di Nando Cianci, di Guido Vitiello, di Luigi Mascheroni)

L’Autore a Fahrenheit

La nostra Repubblica fondata sulla cultura (di G. Zagrebelsky)

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