È da qualche anno che i figli delle vittime degli anni di piombo consegnano la loro memoria e il ricordo dei genitori prematuramente scomparsi alla forza di racconti intensi, ragionati e solo in parte autobiografici. I lavori di Mario Calabresi, Benedetta Tobagi e Silvia Giralucci – tanto per fare qualche esempio – sono i prototipi di un genere letterario che ormai sa combinare passione, testimonianza civile e inchiesta giornalistica in modo pregevole, contribuendo anche a definire pezzi significativi del DNA socio-politico di una delle fasi più travagliate della Repubblica. Il libro di Luca Tarantelli fa parte di questa stessa serie, ma spicca per la genuina spontaneità e per il bel connubio tra la messa a nudo della ricerca del proprio sé, rimosso dal lutto, e la descrizione di quella che anche Carlo Azeglio Ciampi definisce nella Prefazione come un’esemplare “storia italiana”.
Luca narra della vita, della formazione e delle origini del padre Ezio, ma, allo stesso tempo, si confronta con lui, si cerca e si riconosce nelle sue vicende, e tenta di spiegarne l’uccisione da parte delle BR, il 27 marzo 1985, nel contesto delle tensioni sociali e politiche del dibattito sulla scala mobile e sull’evoluzione del rapporto tra salari e inflazione tra anni Settanta e anni Ottanta. Riga per riga assistiamo al parallelo dispiegarsi, da un lato, della complessa attività di documentazione e di ricostruzione, anche concettuale, svolta da Luca, dall’altro, della maturazione intellettuale, scientifica e pubblica di Ezio. Questo viene presentato sia nella sua immagine di outsider nel mondo accademico di allora, sia quale eclettico e brillante economista del lavoro e consulente della Banca d’Italia. Di Ezio colpiscono molti profili: la curiosità per approcci scientifici e metodologici teoricamente dissonanti e, quindi, la vicinanza a Federico Caffè come a Franco Modigliani; la capacità di fare sintesi e di guardare alla realtà sociale e ai soggetti che la determinano come ad elementi effettivamente costitutivi di un modello teorico, che soltanto così, nella sua proiezione effettiva, può dirsi valido; la dinamicità e la ricchezza di una figura professorale senza dubbio atipica e coinvolgente; la convinzione che l’utopia sia indispensabile tanto quanto la costanza di una ragionevolezza promossa a strumento per sciogliere insieme, con la forza delle idee, qualsiasi forma di conflitto.
Dalla lettura, complessivamente, ricavo tre spunti molto accattivanti: 1) il ritratto che Ezio Tarantelli ha dato dell’università italiana post-sessantottina, portavoce di un mero salto generazionale e incapace, come tale, di rinnovare veramente le strutture gerarchiche del potere e dell’organizzazione della conoscenza: occorre constatare che la distanza tra l’esperienza italiana e quella anglosassone è, in proposito, ancora marcata; 2) la lezione che emerge dallo stravolgimento della “ricetta Tarantelli” (la predeterminazione dei punti di scala mobile) da parte del decreto di San Valentino 1984, opera unilaterale del Governo e, quindi, imposizione di una scelta che avrebbe dovuto muovere i suoi passi dalle parti sociali e, innanzitutto, dalle rappresentanze dei lavoratori: non è altro che a prova ulteriore di una risalente e drammatica immaturità del sistema italiano delle relazioni industriali, che dopo la stagione concertativa degli anni Novanta ha ripetuto, e continua a ripetere, i vizi e le storture di cui si racconta nel volume; 3) la chiara responsabilità storica, a quest’ultimo riguardo, della sinistra italiana, da sempre distante dalla prospettiva dello scambio politico e, così, dalla possibilità di agire concretamente per la trasformazione socio-economica del Paese: il cd. compromesso politico, infatti, non deve inevitabilmente intendersi come luogo di una contrattazione privata tra élite partitiche, ma può essere, anzi, l’unica e sostanziale sede deliberativa in cui lasciar fluire e interagire, al di là di ogni pregiudiziale, le migliori proposte. Di questo, in effetti, l’Italia continua ad avere urgente bisogno: di riuscire a capitalizzare e a coalizzare le sue risorse più intelligenti, bypassando le “danze propiziatorie” (così le chiamava Enzo Tarantelli) messe periodicamente in scena dalle più disparate categorie.
Recensioni (di Alberto Mattei, Miguel Gotor, Marco di Marco, Marcello Sorgi, Sciltian Gastaldi)
La presentazione del libro su Radio Radicale e su Radio24
Chi era Enzo Tarantelli? (da lastoriasiamonoi.rai.it)
Sorry, the comment form is closed at this time.