Assunto una volta all’anno, nei suoi tipici capitoli brevi dei suoi altrettanto tipici piccoli libri, è quasi una medicina, da centellinare post prandium. Martinelli – che può essere facilmente confuso per il Corona trentino e che, tuttavia, nonostante l’ampia produzione, rimane fedele ed ostinato valligiano non solo nella libera e variopinta repubblica degli scrittori – non è costruttore di trame avvincenti. Malgrado ciò la sua penna è felice, sa creare l’atmosfera, ci porta per mano in un mondo armonico, semplice e in gran parte perduto. E consente il dolce e carezzevole pensiero di un rimpianto impossibile, un po’ mitico e forse un po’ finto, ma (perché no) molto rassicurante.

La Vallarsa e il paese di Obra sono sempre riferimenti obbligati. Né manca “un” signor Broz, protagonista affezionato dell’universo autoctono. In questa storia, però, si tratta di Ivan Broz, una figura realmente esistita, quella di un famoso studioso della lingua croata, operante a cavallo tra Ottocento e Novecento, che Martinelli immagina figlio di un vallarsero “doc” emigrato in altre terre dell’Impero Asburgico. Ivan si trova a Innsbruck, per frequentarvi l’università, e da lì decide di intraprendere un lungo viaggio, a piedi, per tornare al paese del padre e riscoprire una vecchia e famigerata miniera. Il viaggio effettivamente gli riesce, anche grazie all’aiuto economico dello zio e alle rendite del suo primo e importante libro. Approda, così, sulle Piccole Dolomiti e incontra un suo parente, Angelo, che lo ospita con calore e lo coinvolge in un’improvvisa battuta di caccia, dopo averlo aiutato in una bella scoperta.

I suoni, i colori e le tante risorse della montagna sono i reali eroi di una novella che ha tutte le fattezze di una classica favola della buonanotte e che mescola ad una fantasia compiaciuta e giocosa luoghi, fatti e persone veramente esistite, ma liberamente reinventate. Paolo Orsi è stato un famoso archeologo roveretano: qui lo vediamo nei panni di un rude pastore. Basilio Arlanch, detto il Polenta, era davvero il proprietario del giacimento su cui ruota il romanzo e di cui si torna ciclicamente a dare notizia anche nella stampa locale. Ci si imbatte, poi, in una citazione letteraria, visto che Ivan Broz, nel suo peregrinare, entra per caso nell’Osteria del Magazin, raccontata dai libri di Arturo Zanuso, già interprete di quella stessa porzione di confine italo-austriaco. Il camminatore è un passatempo spensierato, niente di più. Ma, appunto, almeno una volta all’anno, ascoltare la voce di Martinelli non fa affatto male, come non lo farebbe seguire i lunghi itinerari che Broz percorre in quota e che, come all’inizio del romanzo, gli consentono di godere di una prospettiva vertiginosa ancora indispensabile.

L’Autore presenta il suo festival (v. “Tra le rocce e il cielo”)

La lettura dell’anno scorso (Lo strano inverno del brigadiere)

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