Classico giallo anglosassone, nella migliore tradizione della collana I bassotti, per la quale Polillo Editore propone da tempo, come si dichiara nella prima pagina, una “piccola biblioteca” di titoli presi prevalentemente dall’“età dell’oro del mistery”, tra il 1920 e il 1940. An Oxford Tragedy (1933) è il volume n. 105, a testimonianza di un successo che non si è esaurito e che conosce, nel pubblico, una certa fedeltà.

La miscela è quella consueta alla “buona cucina” della letteratura investigativa britannica: un delitto improvviso, diverse persone sospette, un poliziotto tanto metodico e professionale quanto lento e “scarso” di intuizioni, un indagatore d’occasione ma colto, raffinato e acuto, e capace, pertanto, di sciogliere da solo l’enigma e di farlo, innanzitutto, proprio in base all’uso esclusivo delle sue straordinarie capacità intellettuali.

Tuttavia, questo breve saggio della prosa di Masterman (che, come si apprende dalla scheda riportata nel risvolto del libro, fu autore di molte pregevoli “imprese”, ma di soli due gialli) non convince solo per il gusto cerebrale che si può provare nel tentare di seguire le elucubrazioni di Ernst Brendel, un visiting professor viennese che casualmente si trova ospite nel college in cui il misfatto viene compiuto (forse si può anche azzardare che lo sbocco finale della trama non è poi così sorprendente od originale).

La dote principale del romanzo, in realtà, consiste nella bella e pacata raffigurazione dell’ambientazione accademica, nella descrizione dei personaggi che la animano, nell’idea davvero riuscita di dare all’io-narrante le sembianze di un vecchio docente, Francis Wheatly Winn, Vicerettore e Tutore Anziano. A questo non si possono non attribuire i lineamenti, l’umanità e la “nobiltà” del meraviglioso Mr. Chips, interpretato da Robert Donat nel pluripremiato e “storico” film di Sam Wood (Goodbye, Mr. Chips!, 1939). Mr. Chips, certo, non insegnava in un college universitario. Ma Francis Wheatley Winn non può che avere, per chi legge, le stesse sembianze.

Questa volta, dunque, ad essere difficilmente dimenticabile non è l’investigatore; il vero “eroe” della storia è una tipica figura, compassata, bonaria e premurosa, di studioso e di insegnante, il cui profilo emana efficacemente tutta l’aura delle migliori tradizioni inglesi. Di queste tradizioni, del resto, Masterman è stato un vero alfiere, e piace pensare che abbia preso ampi spunti proprio dalla sua esperienza personale.

L’inizio di Goodbye, Mr. Chips!

Quali altri “bassotti” leggere? Tre (facili) indicazioni (ma solo per cominciare a prendere il vizio):

1. D.L. Sayers, Il segreto delle campane (n. 16)

2. M. Gilbert, C’è un cadavere dall’avvocato (n. 19)

3. J. Townsley Rogers, La rossa mano destra (n. 31)

Per continuare nel genere “accademico”…:

– T. Kyd, Assassinio all’Università (n. 43)

– M. Innes, Morte nello studio del rettore (n. 59)

– T. Fuller, Delitto ad Harvard (n. 73)

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