Chi ama la poesia desidera essere sorpreso, dalle voci dei grandi classici o da qualche nuova e improvvisa scoperta. Pálsson ha tutte le carte in regola per presentarsi al pubblico nostrano con la freschezza di un piacere insperato. Non è una voce nuova, in realtà: il poeta islandese è attivo dagli anni Settanta e in patria (ma anche in Francia) è molto noto. Ciò che è inedito è che se ne possa leggere in italiano una raccolta così rappresentativa ed evocativa; una raccolta, in poche parole, ben congegnata, e bene introdotta dal pezzo iniziale da cui è tratto anche il titolo del volume, che quasi invita il lettore a capire quale sia la vera casa dell’Autore. Bastano pochi versi, infatti, e si capisce ben presto che questa casa è sinonimo di homeland, un territorio che è spazzato dal vento e che è forgiato dalle saghe e dalle tradizioni più antiche, un luogo che proprio la poesia ha eletto a sua naturale terra natale e che pertanto ad essa deve rivolgersi se vuole riconoscersi e ritrovarsi. La casa di Pálsson è la Poesia e quest’ultima ha il nome di Islanda: “L’Islanda è un’idea / antica e nuova / in movimento” (p. 73).     

Islanda / Poesia è l’ispirazione che irrora tutti i versi. È risorsa allo stato puro: per stimolare la critica politica e sociale, per animare la memoria delle radici, per agevolare la fuga dall’anonimato di una modernità superficiale, per dialogare con quelle forze che, a casa, primeggiano e consolano, come il mare, come la terra che si lascia traguardare improvvisamente dall’oceano, come la pioggia, come le rocce, come i prati e i boschi. Allo stesso tempo, però, nella quotidianità più normale, il poeta è come uno straniero (p. 39), condannato a constatare il suo stato di paradossale e resistente solitudine, pur sapendo che, nel mondo, esiste un’unica possibilità: “L’alternativa è / ammazzare il tempo / o alitarvi la vita” (p. 71). In Pálsson mi sembra di intuire la migliore lezione della grande poesia russa del Novecento; di Esenin, in particolare, per la compenetrazione estrema tra il poeta e la Natura-Madrepatria, ma talora anche di Majakovskij e della sua commovente freschezza. Non mi stupisco abbastanza quando mi accorgo quanto Ascoltate! – vero masterpiece del poeta rivoluzionario – è vicina a Diritto di nascita… Basta un solo verso per capirlo: Per esempio / i piedi non sono fatti / per camminare // Sono fatti / per essere ammirati (pp. 65-66). Se la poesia è un potente veicolo di empatia, Pálsson è uno dei suoi più abili discepoli.

Su una pagina bianca   

Su una pagina bianca del nostro paese hanno scritto    
I simboli della morte    
I simboli della ricchezza           
I simboli del potere     

Su un prato verde e uno scuro dirupo  
hanno scritto   
Le parole della morte  
Le parole della ricchezza         
Le parole del potere    

I magi della ricchezza e del potere       
seguono le stelle illusorie         
in abiti striati    
Trovano il mostro della ricchezza e del potere 
in fasce adagiato nella mangiatoia della morte  

Eppure inverdiscono i prati tenaci        
Ancora splende il sole tenace  

Possiamo ancora raschiare via 
I simboli della morte    
I simboli della ricchezza           
I simboli del potere     
dalla pagina bianca del nostro paese    
dai prati verdi e dagli scuri dirupi

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