Originale e accattivante: sono questi i due pregi del romanzo di Ballestracci, che per qualche strana combinazione di intuizioni e di emozioni – non ultime quelle che suscita la foto in copertina, di Enrico Pandiani, altro “asso” di Instar Libri – non può che ricordare il bellissimo Tutto il ferro della torre Eiffel di Michele Mari; ciò, almeno, al lettore che si scopra meno incline alle mode del momento. Personaggi reali e spezzoni di storia e di vite effettivamente vissute si mescolano a trame variamente inventate, in intrecci e coincidenze sorprendenti quanto intelligenti.
Questa volta, però, i protagonisti non sono Bloch, Benjamin o Céline, e non agiscono soltanto nello spazio di una città “magica”. In questo caso, al centro di una scena che trascorre dall’Europa del 1938 all’Argentina degli anni Settanta e Ottanta si muovono indimenticati campioni sportivi, degli scacchi, del calcio, del ciclismo e del pugilato: da un mitico Gino Bartali a Ezi Willimoski, prolifica punta delle nazionali polacca e tedesca; da Matthias Sindelar, grande attaccante dell’Austria Vienna degli anni Trenta, al giovanissimo Diego Armando Maradona; da Carlos Monzón, uno dei più forti pesi medi della boxe, a Rodrigo Valdéz, suo tenace rivale. Le loro imprese fanno da sfondo e da contrappunto ad altre piccole e grandi vicende di valore e di resistenza, che sono, al contempo, testimonianza di amore e di passione incondizionata per lo sport, ma anche di sofferenza, di esilio e di persecuzione: a causa del dilagare del Nazismo, ma anche in ragione delle brutalità estreme dei rapimenti e delle torture messi in atto dai generali golpisti di Buenos Aires. Tra le righe, allora, compaiono e agiscono anche figure drammaticamente note e terribili: Adolf Eichmann, Martin Bormann, Klaus Barbie; così come Eduardo Acosta, Alfredo Astiz, Mario Alfredo Marcote.
Figura chiave di tutto il racconto è Casimiro Stablinski, prodotto diretto della penna, sempre curiosa, di Ballestracci. È il figlio del Leopoldo Stablinski che si incontra nelle prime pagine del libro e che si presenta, subito, come l’emblema dell’ebreo errante e, più in generale, di una porzione di umanità tragicamente predestinata a sperimentare continuativamente l’inesorabile follia della storia. Sarà proprio Casimiro, in tale destino, a fare da vittima, e la sua esperienza estrema gli consentirà la conquista di una dura consapevolezza, che, pur affascinata dalla logica della vendetta più feroce, si scioglierà nell’immaginazione di una giustizia tutta terrena e tutta incerta. In proposito, l’epilogo del romanzo è un vero capolavoro di pastiche storico-letterario, con le scene del processo Eichmann che trascolorano improvvisamente nei fotogrammi dei primi e recenti giudizi ai torturatori dei desaparecidos argentini: e qui troviamo Casimiro, che vi assiste assieme a Kaddish Poznan, felicissima incarnazione dell’omonimo protagonista de Il ministero dei casi speciali di Nathan Englander.
La storia balorda è una lettura altamente raccomandabile, non solo per il prezioso atto di memoria che l’Autore rende allo sport, alla letteratura e a tanti sconfitti del Novecento più drammatico. Il volume stupisce anche per le trovate ripetute e intense, diffuse a profusione nel corso della narrazione: la pagina su Paolo Rossi al mondiale del 1978, paragonato al coyote di Mark Twain, è semplicemente geniale; l’intermezzo su e con Osvaldo Soriano – l’autentica “musa” ispiratrice dell’Autore – è un meccanismo perfetto ed in sé compiuto; la sovrapposizione delle sfide calcistiche di Argentina ed Inghilterra con gli episodi della guerra delle Malvinas è epica pura ed azzeccata. Con Ballestracci, che è anche un quotato bluesman, basta soltanto avere un po’ di pazienza: abbandonarsi, cioè, al flusso degli eventi e delle tante e diverse epifanie del tempo che scorre. Attimi di vero piacere e momenti di profonda riflessione non solo possono coesistere; sono garantiti.
Le recensioni di Giovanni Pacchiano e di Giorgio Sbrissa
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