Cavalcare il nemico (da not.neroeditions.com)

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Leggere per smarrirsi dalla retta via (da iltascabile.com)

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Il romanzo dell’obbligo. Contro “I promessi sposi” a scuola (da leparoleelecose.it)

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Genly Ai è stato inviato dall’Ecumene – enorme alleanza che riunisce più di ottanta mondi – sul pianeta Inverno, così definito perché interessato da una glaciazione pressoché globale. La sua missione è creare un contatto pacifico e convincere i Getheniani (questo il nome che si danno gli abitanti di Inverno) a far parte di Ecumene. È un compito davvero impegnativo, poiché la civiltà di Inverno è molto singolare e spiazzante. Inoltre, mentre l’inviato ha la fisiologia e la sessualità tipiche delle stesse genti che popolano la Terra, i Getheniani, anche se simili agli umani, in certi periodi possono costantemente virare dal genere maschile a quello femminile. Ai loro occhi, pertanto, l’inviato assume le sembianze di qualcosa di strano, di pervertito. Genly, ad ogni modo, si trova sul pianeta Inverno da diverso tempo. In particolare è sbarcato nel regno di Karhide, uno degli “stati” presenti su Gethen. Pur essendo entrato nelle grazie di Estraven, il ministro più autorevole, potente e vicino al re, non è ancora riuscito a persuadere i suoi interlocutori sulla bontà di un dialogo con l’Ecumene. Le cose, tra l’altro, si mettono improvvisamente male. Estraven viene accusato di tradimento e condannato all’esilio. Genly, allora, si rivolge a un’altro stato, Orgoreyn, rivale di Karhide e dotato di un’organizzazione politica del tutto diversa. Ma anche lì la sua missione rimane ostaggio delle dinamiche di potere interne alla classe dirigente, tanto che Genly viene addirittura catturato e costretto, di fatto, a lavori forzati. Tutto sembra perduto, ma Estraven ricompare proprio su Orgoreyn, salva Genly e lo guida in un’epica e lunghissima traversata sul ghiaccio. Comincia un viaggio avventuroso, che costituisce il vero centro del romanzo e, in una sorta di diario in cui le voci dei due protagonisti si alternano, conduce all’epilogo della storia e fa da sfondo a un processo di reciproca e profonda comprensione. Al termine, gli emissari di Ecumene sbarcheranno a Karhide e Genly Ai racconterà le gesta di Estraven alla famiglia e alla tribù che, dopo la condanna del re, lo avevano bandito.

Si tratta di uno dei libri più famosi di una celebrata “maestra” della letteratura di fantascienza. E non c’è dubbio che contribuisce a dimostrare il motivo di tanta autorevolezza. La Nota dell’autrice, che fa da schietta e lucida premessa, contiene una dichiarazione di poetica: “La fantascienza non prevede; descrive”. Il senso di tale proposizione lo spiega Nicoletta Vallerani nella sua Postfazione: “È  questo che insegna la creazione immaginaria: ipotizzare mondi che potrebbero insegnarci qualcosa sul nostro”. Da un lato, dunque, l’universo di questa scrittrice è – con rigorosa attinenza al mainstream del genere letterario in questione – inequivocabilmente tutto inventato, e lo è meticolosamente. La tecnica di affiancare alla storia vera e propria brevi capitoli con la narrazione di leggende o miti della tradizione getheniana amplifica la sensazione di immersione in una realtà così lontana, eppure quasi afferrabile. Nonostante ciò, il racconto, remotissimo, e collocato per lo più in un tempo futuro ma irriconoscibile, esprime situazioni che non riescono mai ad esserci veramente estranee. La missione di Genly Ai e il suo incontro con Estraven ci parlano direttamente. Svelano, in un crescendo, che nella relazione intersoggettiva le differenze si abbattono e la virtù, il coraggio, l’onore, la paura ci rendono tutti più simili di quanto non possa sembrare. Più di tutto, Le Guin dimostra che – usando sempre le parole di Nicoletta Vallorani – “le categorie che intendiamo come determinanti non lo sono affatto, ed è possibile progettare una cultura che da esse prescinda”. È questo l’umanesimo assoluto della scrittrice americana. Che, sintomaticamente, si distingue dalle trame di palazzo e si alimenta nel confronto con le potenze molto più estreme della natura. Non c’è da dubitare che, nel 1969, anno della sua pubblicazione, questa prospettiva significasse qualcosa di rivoluzionario, specialmente per quelle che oggi si definiscono pacificamente questioni di genere. Letto oggi, La mano sinistra del buio – come è tipico della migliore letteratura – espande la propria forza anche oltre, in numerose e proficue direzioni.

Recensioni (di P. Matarazzo; di M. Morellini; di M. Tagliaferri)

Worlds of Ursula K. Le Guin (di A. Curry)

I libri di Ursula K. Le Guin (da esquire.com)

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Frank Capra, L’eterna illusione (1938) (da nazioneindiana.com)

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