… and very soon you’ll see and you’ll begin to learn (Black Sabbath)
Un paio di idee simpatiche e lo scenario sempre magico di Torino: questo è quanto si può salvare di un veloce e approssimativo giallo d’atmosfera, che forse non aveva pretesa alcuna anche per il suo stesso Autore. Il filone in cui il libro si inserisce – sia pur in tono decisamente minore – è lo stesso cui appartengono anche i romanzi di Tallone (v. Il fantasma di piazza Statuto). Non c’è niente di nuovo, quindi; solo il sincero amore di un giornalista per una città effettivamente intrigante e per alcuni dei suoi scorci più suggestivi. È una lettura che si presta bene a riempire gli sparsi interstizi inattivi delle giornate più intense, quando si fa fatica a ritagliarsi tra un impegno e l’altro uno spazio di tempo vero, ma si sente comunque l’esigenza di macinare qualche pagina e di distrarsi. Nulla di più.
Siamo a Torino, inizio degli anni Ottanta. Un giovane studente universitario inciampa in una misteriosa scatola di legno, che affiora tra le balze del Monte dei Cappuccini. Lo strano ritrovamento lo porta ad indagare su di un omicidio avvenuto negli anni Cinquanta e rimasto irrisolto. Giuditta Cancian, commessa veneta di umili origini era stata ritrovata morta, strangolata, nella camera che aveva preso in affitto. Scoprire la verità è una sfida quasi impossibile, ma un po’ di fortuna e lo zampino di Gustavo Augusto Rol – il famoso sensitivo, qui più in forma che mai – mettono il curioso e scanzonato Matteo sulle tracce dell’assassino. Le sue elucubrazioni si alternano al racconto diretto di ciò che era effettivamente accaduto a Giuditta, facendo emergere un intreccio ben più torbido di quello, quasi scontato, che ad un certo punto si è indotti ad immaginare.