Lisa ha undici anni e vive a Parigi con mamma Camille e papà Paul. All’improvviso – ma, fortunatamente, solo per poco tempo – perde la vista. I genitori la portano da uno specialista, con cui avviano una serie di esami, prove e test per capire che cosa sia successo. D’accordo col medico, decidono di farla seguire anche da uno psicologo. Tuttavia, di trovare la persona adatta si incarica il nonno Victor, il quale, con la complicità della nipote, sceglie di accompagnarla ogni mercoledì, anziché dal dottore, prima al Louvre, poi alla Gare d’Orsay e infine al Centre Pompidou. Ogni volta si concentrano su una sola opera: la osservano e la commentano insieme. E ogni volta ricavano un messaggio o un insegnamento. Victor, al principio, nel timore di una incombente cecità, spera di poter fissare nella mente della nipotina una serie di immagini belle e indimenticabili. Poi, osservando le reazioni e le intuizioni che Lisa manifesta di fronte alle opere, si fa via via convinto che la bambina abbia doti peculiari e che dentro di lei vi sia una forza altrettanto singolare. Nel frattempo, Lisa, traendo stimolo da quanto apprende nella contemplazione artistica, continua la sua vita, consolida le sue amicizie, aiuta papà Paul a fronteggiare le difficoltà della piccola attività economica e affronta i tipici momenti di crescita personale di chi si avvia all’adolescenza. Più di tutto, l’esperienza che le fa fare il nonno l’aiuta a capire il senso recondito di ciò che è accaduto alla sua vista, mettendola sulle tracce della nonna Colette e permettendole, così, di fare una scoperta che la rende improvvisamente più grande.
Il grande successo di questo libro è più che comprensibile. In modo forse maggiormente schematico, ma per ciò solo non meno efficace, l’Autore compie con l’arte ciò che Jostein Gaarder aveva fatto un bel po’ di anni fa con la filosofia, nel riuscitissimo Il mondo di Sophia. Le visite di Victor e Lisa ai più prestigiosi musei parigini permettono un Grand Tour nella storia dell’arte moderna e contemporanea. I capitoli, infatti, contengono ciascuno una riflessione su una singola opera, con l’effetto di comporre una galleria di cinquantadue capolavori, da Botticelli a Pierre Soulages. Occorre affermarlo con forza: si può fare buona divulgazione anche così. In un veicolo narrativo, cioè, in cui al racconto proprio del romanzo si sovrappongono facili, ma mai banali, letture di una serie di opere d’arte. Anche l’escamotage di farvi soffermare lo sguardo di Victor e Lisa, e di riprodurne in corsivo l’analitica descrizione, è formativo: invita più che opportunamente al supplemento temporale di attenzione che l’arte sempre richiede. Ma Schlesser va oltre. Sia pur in una trama al fondo ingenua e scontata, Gli occhi di Monna Lisaè animato dalla fiducia che l’arte – come la conoscenza, come la cultura… – possa cambiare realmente la vita delle persone, anche dinanzi alle prove più dure. È un sincero manifesto neo-umanista, che solo per questo merita il massimo rispetto. Oltre tutto, le spiegazioni sulle singole opere e sui loro autori sono talvolta acute ed efficaci. Sono imperdibili, ad esempio, le pagine su Botticelli, sugli olandesi, su Goya, su Whistler, su Malevic, su Boltanski. Specialmente, è tangibile l’idea della tradizione artistica, dei rimandi tra epoche e protagonisti diversi, dell’ampliamento e della sofisticazione progressivi di una dimensione concettuale da sempre presente, e alla stregua della quale rilevare l’intrinseca attualità di ogni manifestazione artistica. Questo è un libro per tutti, e forse i primi a doverlo leggere sono proprio i più esperti.
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