Negli anni Settanta Ivan Illich, acutissimo filosofo austriaco, si era servito della bicicletta per spiegarci che i tempi della democrazia non sono quelli dell’automobile e che il ritmo del movimento è una potente metafora degli assetti sociali e politici del mondo. L’importante saggio Energie, vitesse et justice sociale (1973), ripubblicato in italiano non molti anni fa per Bollati Boringhieri, con il titolo Elogio della bicicletta (2005), costituisce tuttora un riferimento anche per tutti coloro che ipotizzano che ogni sviluppo dell’economia presente e futura debba essere affrontato con la strategia della “decrescita”. Ma è un “classico” che può offrire altri motivi di riflessione, perché la bicicletta è un mezzo per rielaborazioni anche molto personali e per testare particolari abilità (non a caso, con il testo di Illich si era aperta, nel 2010, anche la prima edizione di un concorso nazionale, “Talenti per il futuro”, dedicato a giovani studenti che vogliano mettersi alla prova nell’ambito del sapere umanistico-giuridico).
La bicicletta, quindi, nasconde da tempo segreti, spunti, immagini ed argomenti che ai più, forse, risultano ancora insospettabili, pur nella loro perdurante ed inesauribile forza. Pedalo dunque sono – che non è certo immemore del precedente di Illich – ce lo ricorda e ripropone quello che, precisamente, si può definire come il valore euristico di questo elementare mezzo di locomozione, che aiuta a spostarsi, non solo fisicamente, ma anche con la mente, indicando nuove prospettive e nuove possibilità di pensiero. Lo evidenzia bene il curatore, nella sua Introduzione, dove rivela la finalità del testo (dedicato al filosofo Franco Volpi, morto in un incidente di bicicletta): “accogliere la filosofia come pratica quotidiana, trasferirla sul sellino della bicicletta e condurla alla scoperta del mondo che circonda le nostre giornate, scegliendo di meravigliarsi secondo i giusti ritmi” (pag. 6).
Seguono sette pezzi agili di sette autori diversi, ciascuno con un background differente; sette “pedalate”, dunque, oppure sette ciclisti che si muovono assieme, in gruppo, ma ognuno con il suo stile personale, come usualmente procedono le formazioni che ogni domenica vediamo sfrecciare lungo le strade, o come normalmente si sviluppano e si associano, alla ricerca di un qualche ordine, tutte le nostre idee. Ma quali sono, piuttosto, le suggestioni che questi sette itinerari sviluppano? Senza rivelare i segreti che alimentano la spinta dei contributi raccolti nel volume, è possibile contrassegnarli con una sola frase, una, cioè, per ogni capitolo:
1. La bicicletta come esperienza proporzionale del tempo e dello spazio;
2. La bicicletta come scoperta dell’intelligenza intrinseca della slow bike;
3. La bicicletta come chance evolutiva;
4. La bicicletta come strumento rivoluzionario di efficienza strategica;
5. La bicicletta come medium di crescita interiore;
6. La bicicletta come laboratorio intensivo di esperienza;
7. La bicicletta come sede di pratiche ciclistiche e di altrettante pratiche auto-riflessive.
Ci sono altre ragioni per impegnarsi nella lettura di questo libro? A tale riguardo non resta che fornire, “per la sola cronaca”, una breve conclusione: ieri si è corsa la 103ª edizione della Milano-Sanremo; ha vinto l’australiano Gerrans, secondo, tra i “canguri” di sempre, ad occupare il gradino più alto del podio in questa grande classica primaverile. La grande stagione ciclistica è ufficialmente aperta! Et de hoc satis.
I. Illich, Energia ed equità (testo fornito dalla Biblioteca del Consorzio della Quarantina…)
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