Non c’è un inizio e non c’è una fine in questo libro. È come una piccola prova di talento, un cortometraggio, con la sola ambizione di dimostrare le abilità del regista e di approfittare delle sensazioni che sa dare una grande passione personale. L’amore per i libri non è nuovo a questo tipo di tributi. Non molto tempo fa, ad esempio, mi sono imbattuto nella piccola raccolta di racconti di Rocco Pinto, la voce di un autentico libraio che vorrebbe dire a tutti che cosa e quanto si possa trovare in un buon libro. Ma Ronchi è un caso a sé; e le sue movenze non sono scontate e didascaliche.
In Vecchi libri per quest’epoca incerta il giovane protagonista – dietro il quale l’Autore non ha paura di farsi vedere in piena luce – vende libri vecchi, li cerca negli scantinati, nei mercati, nelle case di chi se ne vuole liberare. Cerca di essere il più professionale possibile, ha un suo magazzino, una sua clientela più o meno fissa. Ha due lauree e vive nella periferia di Milano, assieme alla compagna Chiara, filosofa affascinante e intraprendente, e precaria della scuola. Di questa vita – tutta permeata dalla migliore marginalità della metropoli, che finisce per identificarsi con il senso, dato quasi integralmente per assimilato, dell’attuale marginalità della memoria culturale e della coscienza intellettuale e civile – vediamo solo poche immagini. Non hanno il nitore delle foto, però, solo dagherrotipi di pochi episodi salienti, a volte ironici, a volte contraddistinti da qualche acuta intuizione, spesso segnati da una diffusa malinconia, quasi sempre prodighi di preziosi rimandi letterari e suggerimenti di lettura. E poi, sullo sfondo, “appena davanti e dietro il paesaggio, un’Italia avvilita e stanca, umiliata e quasi indifferente ormai, che aspetta primavera, come Bandini, Mondadori 1948, collana Medusa, traduzione di Vittorini, mi pare, o di Furio Monicelli forse”.
Il modello narrativo che l’Autore propone può anche esporsi ad alcune critiche. Pure, tuttavia, si comprendono facilmente le ragioni che ne hanno determinato un primo riconoscimento ufficiale. Potrà essere un accostamento eterodosso, ma non si può valutare un pezzo di musica ambient come se fosse una sinfonia: nella prima è l’atmosfera ciò che conta, nella seconda siamo tutti d’accordo che si tratta di un fatto ben più complesso. Quello di Ronchi è un raccontare che non cerca la forza delle mareggiate e che procede per affioramenti e intuizioni; è proprio del poeta. Pertanto, se un poeta decide di scrivere poeticamente, non si vede perché l’effetto non possa funzionare. Anzi, l’effetto funziona benissimo. A lasciarsi trasportare fino in fondo, ci si può sorprendere del fatto che il clima di complessivo incantamento non giunga anche a far parlare, direttamente, come in prima persona, gli stessi libri che si incontrano nel corso del volume. Insomma, a dirla davvero tutta, se si potesse avanzare un rilievo sarebbe solo questo: la poesia sarebbe stata completa se anche i libri fossero riusciti a dire la loro fino in fondo, un po’ come il computer, la poltrona e la borsa bianca del Presidente ne Le mosche del capitale di Volponi. Ecco, per quest’epoca incerta, quest’ultimo è senz’altro un altro buon consiglio.
Ps: il testo si chiude con la lista che un distinto signore consegna al protagonista, affinché gli procuri i libri di cui ha bisogno, quelli cui allude il titolo stesso del romanzo. La trascrivo fedelmente di seguito, omettendo le brevi glosse editoriali del committente.
Bergson Henri, Le due fonti della morale e della religione, Edizione di Comunità 1947.
Bergson Henri, Il riso, Laterza 1916.
Bloch Ernst, Il principio speranza, Garzanti 1994.
Caruso Igor, La separazione degli amanti, Einaudi Paperbacks 1988.
Dorfles Gillo, Kitsch – Antologia del cattivo gusto, Mazzotta 1968.
Geymonat Ludovico, Storia del pensiero scientifico e filosofico, Garzanti 1970.
Kierkegaard Sören, Il diario, Morcelliana 1948.
Larbaud Valery, Barnabooth, Perinetti Casoni 1944.
Le Corbusier, La carta di Atene, Edizioni di Comunità 1960.
Meneghello Luigi, I piccoli maestri, Rizzoli 1974.
Neri Giampiero, L’aspetto occidentale del vestito, Guanda 1976.
Pavese Cesare, Lavorare stanca, edizione di Solaria.
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Una recensione (di Andrea Cirolla)
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