
Non è un libro nuovo, risale ai primi anni Duemila ed è stato più volte ristampato. È un poliziesco, il primo di una serie di successo, tutta dedicata alle avventure dell’ispettrice Camilla Cagliostri. L’Autore è uno scrittore di autentico pedigree, uno dei cantori più prolifici e apprezzati delle tante leggende e storie della Bassa padana, materia nella quale ha dato il meglio di sé. Qui è alla prova di un genere diverso, anche se i luoghi – in questo caso, Modena e i suoi immediati dintorni – sono sempre quelli prediletti. Ma il giallo merita una segnalazione non per questa ragione. Né per la particolare originalità dell’intreccio, che si dipana, piuttosto, secondo un copione abbastanza prevedibile: due giovani donne vengono uccise da un killer misterioso, e poi ne viene uccisa anche una terza, che pare non avere alcun legame con le prime; gli inquirenti brancolano nel buio, ma l’ispettrice – che è la classica figura tenace, intelligente e anticonformista, oltre che dotata di un certo fascino – segue un’intuizione che la porta a scavare nel passato scolastico delle prime due vittime e a scoprire tutti i danni, e tutte le vendette, che le dinamiche adolescenziali possono talvolta suscitare e ingigantire oltremodo. Tuttavia la vicenda non finisce a questo punto, perché c’è la terza vittima, e il dato interessante del romanzo non è neanche il colpo di scena sull’identità del colpevole (anche a questo riguardo è tutto chiaro e comprensibile ben prima del finale), bensì la reazione di Camilla. Che in parte corrisponde ulteriormente ad un facile stereotipo della letteratura di genere (la giustizia per mezzo dell’ingiustizia); in parte fa sì che il senso della storia intera venga completamente rovesciato e che la sua protagonista, quasi per magia, ne risulti nuovamente caratterizzata, e per di più in modo improvvisamente intrigante. Per tale via si capisce anche a che cosa si deve il titolo, dal momento che ciò che l’Autore vuole proporre è una lezione molto esplicita sull’ossessione del controllo, e che, nelle sue indagini, a causa di quell’ossessione, Camilla si è davvero persa nella nebbia. Anzi, ci si fa l’idea che forse Camilla è così perché già da tempo è persa nella nebbia, per altre circostanze che hanno a che fare col suo passato familiare e che un qualsiasi lettore, al termine del libro, non può che voler superare in compagnia dell’eroina ora conclamata, nel corso di una successiva avventura. Non va, dunque, lodato uno scrittore capace di simili piccole astuzie?