Valentino Zeichen viene sempre associato, anche per questa sua ultima silloge, a tanti e diversi nomi (Kraus, Wilde, Flaiano), ed egli stesso, talvolta, ha dimostrato di sapersi calare espressamente nella figura di riferimento (come in Neomarziale).
Però questa voce così originale non è la voce di un poeta o di un autore “storico”; essa è, piuttosto, la voce del druido, il distillato di una sapienza che è intrinsecamente pagana. Così si è manifestata in molte occasioni: Museo interiore, Metafisica tascabile e Ogni cosa a ogni cosa ha detto addio.
Forse, per la tanta romanità che caratterizza la pulizia e l’ispirazione delle sue parole, più che di druido si dovrebbe parlare di aruspice, perché Zeichen legge nelle viscere del nostro tempo, cogliendo segnali che ai molti restano sconosciuti e che, ciò nonostante, provengono dal fegato gonfio delle esperienze a noi più vicine. Come se avesse un accesso privilegiato alle cose della natura.
In fondo, se tornassimo per un attimo al “gioco dei nomi”, allora il primo che verrebbe alla mente è quello di Lucrezio. Non per la forma, che, anzi, non è il poema, ma la sintesi perfetta tra Bashō e La Rochefoucauld. Lucrezio c’entra, invece, per la penetrazione profonda dello sguardo, per lo stupor continuato che lo anima, per l’attenzione intimamente scientifica che lo contraddistingue. E per una presupposta e schietta felicità di fronte a tutte le cose. Quella di Zeichen, in definitiva, è sempre una historia naturalis, che si parli dello scorrere del tempo, della donna, dell’arte, del ruolo degli intellettuali.
Di questo fortunato volume, Aforismi autunnali, finalista, senza dubbio meritato, del Premio PEN Club Italiano 2011, non si può aggiungere qualcosa di specifico; ciò equivarrebbe a svelare preferenze forse troppo personali. Una sola cosa è concessa, descrivere l’ipotetico podio in cui collocare quelli che, a giudizio di chi scrive, sembrano, tra i 150 componimenti, tre dei pezzi migliori:
62.
Come la Bibbia ci insegna,
Dio non poteva spiegare
i dettagli della creazione,
e per non dilungarsi troppo
con le teorie dell’evoluzione,
preferì sintetizzarli nella
celebre “settimana” lavorativa.
70.
Dopo aver prestato all’uomo
le proprie sembianze,
il Signore sperimentò
l’individuo, e fra questi
selezionò gli individualisti;
una sottospecie umana
che si danna per imitarlo.
126.
Il tempo sarà anche denaro
ma non lo si può marchiare
come bestiali banconote,
chi fermerebbe l’inflazione?
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