Il primo è l’immancabile Barbero. Se lo sono chiesto in tanti, forse: poteva davvero questo apprezzato e popolare studioso e divulgatore perdere l’occasione, a 700 anni dalla morte, di raccontarci a suo modo il Sommo Poeta? No, forse non poteva. Anche se bisogna aggiungere che sicuramente doveva. Perché si tratta di un buon libro. Soprattutto, non è la ricostruzione di un filologo o di un dantista, che spesso seguono strade fin troppo interne alle loro discipline. Dante è il frutto di un’indagine puramente storica: a tratti pignola come dev’essere, eppure mai noiosa (il corposo apparato di note è coerentemente collocato alla fine del libro). A Barbero – ed è facile supporre che ciò attragga anche gran parte dei lettori comuni – interessa la figura concreta dell’Alighieri, immerso nel suo tempo. Vuole capire se è vero o meno che alla battaglia di Campaldino Dante era tra i feditori, i cavalieri della prima linea. Si chiede quali fossero le origini, e gli affari, della sua famiglia, parzialmente ricostruiti attraverso l’analisi e il confronto di molti atti notarili dell’epoca. Racconta qualcosa sulle famose amicizie, sulla misteriosa Beatrice e sul matrimonio con Gemma. Indaga sugli antenati di Dante, per comprendere chi erano e se c’era qualcuno di nobile, e sulla formazione del futuro poeta. Si immerge a capofitto nella Firenze del “governo del popolo” e nel vorticoso intreccio delle aspre e irriducibili conflittualità tra le famiglie dei magnati e dei popolani o tra i Bianchi e i Neri. Qui sta la parte più interessante del volume, ed è quella centrale: offre uno spaccato preciso delle violente lotte politiche fiorentine, delle loro contraddizioni e dell’articolazione corporativa della società comunale e delle sue istituzioni, fornendo molte informazioni sul ruolo attivo di Dante e sugli eventi che ne hanno determinato la confisca delle proprietà, la condanna a morte e l’esilio. Di questo, poi, ma con un ritmo che è lievemente in discesa rispetto a quello precedente, Barbero cerca di individuare il complesso e sofferto itinerario, al servizio (e sotto la protezione) di diversi signori, quindi a Verona e al seguito (forse) di Enrico VII, e infine a Ravenna. In definitiva, questo volume completa e corregge, sul piano di una rigorosa e dettagliata ricerca storica, le ancora godibili e credibili lezioni di Mario Tobino e Cesare Marchi: la prima più raffinata e romanzesca; la seconda più esplicativa e popolare. Abbiamo un buon trittico, finalmente, e il risultato non è trascurabile.

Un altro buon libro – che però si pone, quanto a genere, agli antipodi del Dante di Barbero – è quello di Giuseppe Conte. L’Autore non è l’ex Presidente del Consiglio, ma il poeta, traduttore e romanziere apprezzato anche all’estero. Il primo approccio potrebbe respingere: Dante… in love? (Non è che si vuole fare con Dante Alighieri ciò che si è fatto con Leonardo da Vinci…?) E invece, a lettura terminata, nulla quaestio. Con una scrittura precisa e pulita Conte costruisce una favola, che è contemporanea e dantesca. Si immagina che Dante, al termine dei suoi giorni, giunto in Paradiso veramente, sia “condannato” da Dio a uno strano rito, che ha tutto il sapore di uno studiato e malizioso contrappasso. Ogni anno dovrà tornare una notte sulla terra, nella sua Firenze, in forma di impalpabile e invisibile ombra; e ciò finché non avrà incontrato una donna che corrisponda al suo amore. Schiavo dell’Amore, Dante, lo è sempre stato, anche di quello più passionale. La missione gli pare impossibile, quando, al settecentesimo atto dell’appuntamento annuale che gli è toccato in sorte, mentre si trova davanti al Battistero di San Giovanni, si accorge di Grace, una giovane studentessa americana. È un colpo di fulmine. La segue fino a casa, capisce che sta studiando proprio la Commedia e la osserva leggere i famosi versi su Paolo e Francesca, finché ha la sensazione che il miracolo sia accaduto. Nel frattempo Dante è spettatore di tutto ciò che accade attorno a lui, pure della pandemia, e di come e quanto il mondo sia cambiato. E ha anche l’occasione di conoscere un singolare senzatetto. A leggere con attenzione, Conte racconta una storia estremamente semplice, pur utilizzando temi, lessico e luoghi tipici del grande poeta fiorentino, ed arrivando a rievocarne tratti della vita e delle avventure, mescolandoli ad una attualizzazione leggera e per niente eccentrica. Non risulta fuori campo neanche la seconda parte del libro, nella quale l’Autore propone per estratti alcuni dei più noti versi danteschi. Rivelando le fonti della sua ispirazione, e commentandole brevemente, Conte riesce, senza pedanteria alcuna, ma con la complicità che ha suscitato per mezzo della favola, a compiere l’operazione più meritevole: invitarci a rileggere Dante, direttamente, per capirlo come se fosse uno di noi.

Recensioni su Dante (di F. Cardini; di C. Giunta; di G. Talarico)

Recensioni su Dante in love (di M. Magliani; di L. Mascheroni; di F. Pierangeli)

Alessandro Barbero racconta Dante

Intervista a Giuseppe Conte

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